Per chi soffre di disagi respiratori (es. sindrome da iperventilazione) iniziare la pratica della respirazione diaframmatica può essere un vero scoglio e non dare i benefici ricercati. Anzi, ad alcuni può anche creare qualche problema. È opportuno fare molta attenzione a come si esegue e, eventualmente, accantonarla temporaneamente per poi riprenderla una volta diminuito il disagio.
Quando si sente che qualcosa non va nella respirazione e si cercano consigli su internet, spesso si trova la respirazione diaframmatica.
Questo particolare modo di respirare è un esercizio molto diffuso in numerose tecniche per i suoi effetti sul sistema nervoso. L’esercizio consiste in una lenta respirazione “di pancia” con l’espirazione più lenta dell’inspirazione. Se eseguita bene, genera una maggiore attivazione del sistema parasimpatico, un rallentamento del battito cardiaco e induce uno stato di rilassamento.
La tecnica in sé è estremamente interessante. Purtroppo, però, estrapolata da ogni contesto e utilizzata da sola come semplice esercizio meccanico, potrebbe non dare gli effetti desiderati. Anche perché:
- se si percepisce un po’ di rilassamento, di solito è solo un piccolo tamponamento non duraturo a una giornata stressante;
- di quelli che ci provano pochi hanno continuità nella pratica;
- generalmente, da sola, non innesca grandi cambiamenti di vita;
- chi soffre di sindrome da iperventilazione può commettere svariati errori.
Precisazione 1. È chiaro che non mi riferisco all’utilizzo della respirazione diaframmatica all’interno di percorsi psicologici, fisioterapici o sportivi/motori (es. apnea, yoga) o di crescita personale (di qualità). In questi casi, infatti, la tecnica non è estrapolata dal contesto. E’, invece, parte di un processo in cui altre tecniche e pratiche la supportano.
Precisazione 2. Non si sta svalutando la tecnica. Anzi, proprio il contrario. La si tratta con rispetto, per ciò che è e per ciò che può fare.
Quando la “respirazione diaframmatica” fa male
Ogni tanto succede di parlare con persone che dicono di non trarre beneficio dalla respirazione diaframmatica. Anzi, riferiscono di provare sensazioni spiacevoli.
Questo effettivamente può succedere ma non perché ci sia qualcosa di sbagliato in queste persone. E nemmeno nella tecnica.
Quando una persona che ha problemi di iperventilazione tenta la respirazione diaframmatica si trova di fronte aa alcuni inconvenienti.
- Uno è quello di essere costretto a mettere l’attenzione alla respirazione. Chi soffre di questi disagi sa bene cosa significhi.
- L’altro è il rischio, senza volerlo, di iperventilare comunque. Questo avviene perché il rallentamento della respirazione non è abbastanza e perché questo è anche compensato da una respirazione troppo profonda.
Questo può generare l’effetto opposto rispetto a quello ricercato e aumentare la sensazione di ansia e frustrazione. In questa condizione è anche difficile proseguire con la tecnica, la quale ha invece bisogno di un po’ di costanza nella pratica per poter rendere bene. Il risultato è l’abbandono del tentativo, ulteriore scoraggiamento e magari anche rinforzo del disagio respiratorio.
Qualcuno potrebbe dire: “non è colpa della tecnica ma di come viene eseguita”. Si, vero. E questo rischio c’è perché:
- quando il disagio è molto accentuato è molto difficile approcciarsi direttamente a questa tecnica;
- potrebbe esserci un approccio fai da te;
- a volte si partecipa a corsi di gruppo e l’operatore va troppo veloce
- l’operatore non ha sufficiente attenzione e/o competenza e non si accorge degli errori di esecuzione o che la situazione impedisce proprio la pratica;
- l’operatore conosce solo quella tecnica, o comunque poco di respirazione, e si intestardisce sul volerla proporre.
Ovviamente un bravo professionista, paziente e competente, potrebbe riuscire ad accompagnare queste persone attraverso questa esperienza respiratoria ed evitarne gli effetti collaterali dati dalla pratica. Difficilmente, però, riuscirà a farlo senza utilizzare altre tecniche di supporto.
Gli effetti dell’iperventilazione (anche durante la pratica, involontariamente e inconsapevolmente sbagliata, della respirazione diaframmatica)
L’iperventilazione causa ipocapnia, ovvero ridotta concentrazione di anidride carbonica nel sangue. L’ipocapnia può avere vari effetti negativi come:
- Riduzione del rilascio di ossigeno al cuore
- Aumentata dell’alcalinità dal pH. Può ridurre il flusso sanguigno e causare ipereccitabilità
- Riduzione dell’ossigenazione del cervello
- Squilibrio minerale (calcio, potassio e magnesio) con conseguente irritabilità di nervi e muscoli.
- Effetti metabolici. Aumento del rilascio di adrenalina e noradrenalina, squilibrio della glicemia del rilascio di insulina. Queste modifiche possono causare l’aumento della pressione sanguigna.
Questi effetti si verificano dopo qualche minuto e la persona potrebbe non rendersi conto subito che sta eseguendo male la respirazione diaframmatica.
Quando interrompere la pratica della respirazione diaframmatica
Ci sono dei segnali che possono aiutare a fermarsi prima di subire conseguenze spiacevoli. I primi segni di iperventilazione possono essere:
- vertigini,
- formicolii,
- oppressione al petto,
- mani sudate,
- dispnea,
- irrequietezza
- perdita di memoria;
- alterazioni sensoriali (es. luci più luminose, suoni più forti).
- Sussulto più sensibile (si sobbalza più facilmente)
- Contrazioni muscolari (in casi di iperventilazione grave e duratura si arriva anche alla tetania).
- perdita di vigilanza
Questi sintomi possono, di per sé, suscitare apprensione, ansia, paura, panico, disinibizione, rabbia e paura di perdere il controllo.
Insomma… tutto il contrario di quello che di solito si cerca di ottenere.
Anche tu hai problemi di respirazione e non trai beneficio da questa tecnica?