Il modo in cui respiriamo si modifica e adatta in base alla conformazione fisica, alla postura e alla posizione che assumiamo nello spazio. La respirazione nello sportivo con disabilità fisica ha delle peculiarità. Alcune strategie di allenamento sono utili per migliorare la funzionalità e la performance.
La variabilità delle disabilità
Il primo problema che si pone nel momento in cui si affronta un tema legato alla disabilità nello sport è l’enorme variabilità delle condizioni e delle caratteristiche personali. All’interno del gruppo “disabili fisici” esistono situazione completamente diverse tra loro e le esigenze diventano talmente particolari che è impossibile definire delle macrocategorie.
Le variabili possono comprendere caratteristiche personali, della disabilità, dello sport, e molto altro.
- Tipologia di disabilità, distretti interessati, eventuale terapia farmacologica.
- Da quanto tempo vive la disabilità. E’ importante verificare il livello e la qualità degli adattamenti alla condizione.
- Tipologia di attrezzi e/o protesi concessa nella disciplina sportiva. Ad esempio se sono diversi da quelli utilizzati nella pratica quotidiana.
- Posizione del corpo. Stare seduti, in piedi, in appoggio sulle stampelle, sdraiati o protesi in avanti modifica i volumi polmonari e l’attivazione dei muscoli per la respirazione.
- Tipologia di sport e variabilità di disabilità degli avversari.
- Presenza di dolori. Il dolore solitamente velocizza la respirazione.
- Condizione psicologica ed emotiva.
In pratica ogni persona va considerata individualmente.
Variabilità della respirazione e disabilità fisica
L’apparato respiratorio deve garantire una giusta ventilazione per le esigenze dell’organismo in ogni condizione. Questo vuol dire che può (e deve) cambiare e reagire ai cambiamenti di situazione.
Quando parliamo di respiro è sempre meglio non fissarsi su schemi rigidi. Un particolare modello di respirazione può apparire irregolare o impegnativo ma in realtà deriva da un fattore specifico all’interno del sistema a cui la respirazione risponde.
Considerare una particolare respirazione come sbagliata e volerla arbitrariamente modificare secondo dei modelli precostituiti (secondo quale logica poi?) può essere inutile o addirittura dannoso.
Nella dinamicità delle azioni motorie nella maggior parte delle discipline sportive la possibilità di modificare la respirazione è ancor più importante.
McArdle scrive che “ogni individuo sviluppa uno stile di respirazione. I tentativi coscienti di modificare la respirazione durante le attività fisiche non avvantaggiano le prestazioni dell’esercizio. Ogni individuo dovrebbe respirare nel modo che sembra più naturale.”
Nel momento in cui abbiamo questo tipo di approccio verso un atleta, il fatto che sia normodotato o disabile fa poca differenza. Nel momento in cui osserviamo e consideriamo le caratteristiche personali riusciamo ad adattare su misura la giusta preparazione.
Come si fa?
L’approccio che utilizziamo con gli atleti si adatta a qualsiasi situazione. Una preparazione altamente specifica della coordinazione motoria che prevede grande variabilità di esercitazioni permette ad ogni persona di individualizzare gli adattamenti.
I principi base che secondo noi vanno applicati sono:
- La respirazione non si deve addestrare e vincolare a schemi fissi. Va invece coltivata la capacità di modificarla.
- Verificare continuamente l’efficacia dell’intervento. L’obiettivo è la prestazione. Se migliora si è sulla strada giusta. Se non migliora si deve cambiare, anche se “avevo letto che così era giusto“.
- Nell’osservazione generale dell’atleta con disabilità non bisogna limitarsi solamente alle caratteristiche evidenti. Ad esempio l’atleta potrebbe iperventilare per motivi non riconducibili direttamente alla condizione fisica.
- Ogni persona risponde agli stimoli motori in modo soggettivo. Vanno ricercati gli stimoli motori adatti. Ad esempio, con un atleta con gamba amputata ricercherò simmetria o no nel movimento?
Avrai forse notato che questi principi sono applicabili a tutti.